domenica 9 febbraio 2025

Essere e Artista

No, non mi ci metto nemmeno.

Non è che volessi tirare in ballo Heidegger ma un piccolo omaggio glielo si fa sempre volentieri (Martino tvb <3).

Veniamo ordunque a noi.

Il mio primo insegnante di Pittura soleva ricordarci, ammonendoci, che un artista è tale 24 ore su 24.

Un arista pensa come un artista, parla come un artista, mangia come un artista, vede come un artista, etc, etc.
Insomma un artista deve essere un artista, a priori, ontologicamente parlando, prima di fare l’artista.

Sacrosante parole! Banali quanto vere come quasi tutte le cose sagge.

Ebbene, per quanto grazioso possa essere l'essere artisti, con tutti i suoi divertissement, le sue stranezze, le sue golosità intellettuali e sensorie, quando uno ha la vocazione per davvero si trova di fronte ad una certa incapacità di vivere la vita passivamente.
O meglio, di vivere una prospettiva di accettazione: ci deve mettere mano, mescolare, scolpire, modellare.

L'artista ha un animo bastardo, testardo, cocciuto e strafottente.
L'artista deve creare.
Deve manipolare, deve controllare, deve plasmare ogni cosa della sua esistenza come se egli stesso fosse il creatore della realtà. E’ un bisogno primario, un modo intrinseco della sua anima, l’unico modo che egli conosce per vivere.

Volontà di potenza, diceva il nostro caro Federico N. (direttamente dal gruppo in incognito dei Filosofi Anonimi) - ecco, l'artista ne trabocca.
Intesa sia in senso proprio, come "
meccanismo del desiderio nel suo stesso funzionamento incessante: il desiderio vuole continuamente e senza sosta il suo stesso accrescimento, dato che il desiderio è pulsione infinita di rinnovamento", sia come la volontà di potere, cioè di influenzare e manifestare agenzia sulle cose e sul mondo.



Ah, le lotte.
Le battaglie di sangue, i momenti di disperazione, il dolce torturarsi nelle croci del mestiere, la delizia della dialogo schizofrenico e bipolare, maniaco e atarassico che accompagna le giornate dell'Artista. 
Il travaglio interiore, la sofferenza del non riuscire, l'esigenza dolorosa del possedere la realtà, del conquistarla, del riplasmarla secondo la propria volontà e visione.

La fulgida bianca fiamma dell’ispirazione, che colpisce come la freccia di Eros, che solleva, che inonda di dopamina, che ruba i sogni alla notte e infesta i giorni di visioni.



Perchè se tutti hanno un angelo custode e un diavolo sulle proprie spalle, l'artista è abitato, posseduto, da un Daimon e da un Demiurgo.

Archetipi questi, che sono il centro dell'attitudine artistica in un'anima - e come tutte le cose numinose, hanno anche dei lati nefasti.

Prima Socrate, poi Platone e Aristotele, si sono avvicendati nel dare una carne a questo concetto primigenio, autoctono dell'animo umano. Socrate individua il seme della propria coscienza, che gli suggerisce come comportarsi in modo etico e morale, nella voce superiore del Daimon, essere semidivino e nume tutelare; secondo Platone, prima di nascere noi scegliamo il nostro destino, ossia la missione che svolgeremo sulla Terra, nonchè un Daimon, il quale ci ricordi e ci guidi attraverso la nostra vita verso il raggiungimento del nostro scopo: il Daimon è pertanto voce della nostra coscienza, la vocazione, e il "portatore del destino". 

Nel tempo la figura del Daimon viene rivisitata e arricchita di diversi ruoli e significati attraverso la sua rilettura dai discepoli di Platone, come Senocrate - che introduce la dualità nella figura del Daimon (essere dapprima benigno-neutro e ora in possesso anche di attributi negativi o nocivi), passando poi attraverso Neoplatonismo e Stoicismo sino ad arrivare al Cristianesimo, che essendo sempre ottimista e costruttivo decide di connotare alla parola Daimon una prerogativa esclusivamente negativa, da cui infatti deriva il Demone, lo Shaitan, il Nemico. Il Diavolo insomma.

C'è da dire che sotto soglia buona parte di questo lavoro di traslazione di significato è stato operato dallo Gnosticismo, che con il suo sincretismo ontologico ha attinto, nei secoli di passaggio tra la cultura ellenica e quella romana, non solo dalle stesse ma anche da mitologie locali tra cui religioni misteriche, culti agresti e ctoni, ebraismo, neoplatonismo, cristianesimo, zoroastrismo, zurvanismo.

Nella esegesi gnostica, dove ciò che porta alla salvezza è la conoscenza esoterica, il Daimon è spesso associato agli Arconti, servitori del Demiurgo nella sua missione di intrappolare l'Uomo nel mondo materiale.

Il Demiurgo (parola che significa artigiano, creatore), a sua volta, è il grande artigiano, il costruttore della realtà fisica opposto alla Monade o Padre, il vero Dio, che invece emana energia creativa e spirituale, ed è assolutamente Buono: il Demiurgo interviene materialmente sul mondo, in quanto ha solamente il potere di plasmare materia già esistente, il Padre emana energia creativa con la quale origina gli Eoni, simboli a loro volta delle alte qualità spirituali e intellettuali. 
 

Per fare un piccolo passo indietro, è interessante notare che nel Simposio di Platone, dove si racconta la nascita di Eros da Poros (pieno di risorse, ingegnoso, abbondante) e Penia (miseria, mancanza, ma anche bisogno), il "dio" dell'amore non è descritto come divinità ma come "grande daimōn". Il Daimon, per Platone, è un entità sospesa tra il divino e il mortale, che funge da messaggera tra la dimensione divina e quella umana.

L’allegoria dicotomica di Eros rende evidente come la condizione di innamoramento è determinata al contempo da una grande abbondanza e da una profonda mancanza.
Direi che si può facilmente vedere come la coesistenza di queste due situazioni interiori si possa sovrapporre ai due principi etologici che secondo Maccacaro sono il principio originante di ogni attività animale, la fase appetitiva e la fase consummatoria, ossia la tensione tra desiderio e realizzazione, dinamica di scaturigine del processo creativo.

E cosa sono infatti l'amore, l'ispirazione intellettuale o artistica, se non una sorta premonizione dell'inesplicabile? Frammenti di qualcosa d'altro, di misterioso, che ci capita di percepire (o di subire, o di soffrire, e chi più ne ha più ne metta)? 

"È importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute. L’uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili. Solo allora la vita è completa", affermava Jung.

La figura del Demiurgo, invece, solo ingannevolmente sovrapponibile nella sua quiddità a quella del Daimon, viene descritta nel Timeo dal nostro caro amiiiiico (da leggersi in falsetto) Platone come volontà ordinatoria: all’inizio il mondo non era altro che materia informe, ossia chora - o necessità. 
Il Demiurgo, essere semidivino e benigno, plasmò da questo bisognoso disordine delle forme ordinate, per farla assomigliare al modello perfetto dell'Iperuranio.
Ma nello Gnosticismo il Demiurgo diventa una entità maligna arrogante – perché vuole sostituirsi all’unico Dio-, ignorante – perché non sa di essere un sottoposto all’unico Dio-, che crea il mondo materiale per illudere e imprigionare le anime.

Lo gnosticismo basa fortemente i suoi principi creativi sul manicheismo, ossia la dualità polare maschio-femmina della facoltà generativa. Sophia e Cristo sono Eoni, come dicevamo sopra, pertanto emanazioni dirette della Monade. Essi incarnano rispettivamente il concetto di idea, di sapienza, e di logos, parola. Tecnicamente i due, che sono fratelli, erano anche sposi e avrebbero dovuto generare insieme. Invece Sophia, che godeva di una certa autonomia rispetto agli altri Eoni, da brava femminista disse: "sai che c'è? io mi basto da sola e l'utero è mio".
Così emanò
a sua volta il Demiurgo – un essere che non avrebbe dovuto essere! - senza chiedere il permesso a nessuno (tantomeno al padre biologico o al...nonno? Uno nel contemporaneo si dibatte sui temi della famiglia e di cosa la costituisce, ma anvedi un po' che nell'antichità a quanto pare il problema manco si poneva).


Perciò abbiamo una
sapienza che genera una competenza senza passare dalla parola.
Insomma, il Demiurgo rappresenta anche
la disobbedienza, le facoltà innate non vocalizzabili, in quanto egli nasce senza logos, direttamente dalla sapienza, e immediatamente si fa mediatore del noumeno al fenomeno.


Dopo questa lunga digressione, come cuciamo insieme tutti questi ingredienti di filosofia, di archetipi, di simboli, di allegoria, in una bella zuppa condita con la salsina magica dei miei pensieri ?

Col fuoco dell'Artista, ovvio. Basta guardare alle loro biografie.

Wittkower, fra i tanti, in Nati sotto Saturno raccoglie diverse testimonianze storiche sulle stranezze, le manie e i disagi di diversi artisti; ma anche sulle loro prodigiose facoltà e l’assoluta dedizione.

Artista divorato e ispirato da Daimon e Demiurgo, che lo abitano, lo muovono, lo costringono a cercare la mediazione tra il regno delle idee, e quello fisico, tangibile.

Arista innamorato, mosso dal sentimento che ha dentro, questo Eros allo stesso tempo spirituale e corporeo, fatto di nostalgia e desiderio, che cammina in equilibrio tra i poli che lo hanno generato - la capacità di attingere alle risorse interiori ed esteriori, ma anche la sensazione di mancanza di qualcosa, il bisogno di crearlo.

Artista disperato, che patisce la fame di un nuovo ordine. Che non può rinunciare alla sua agenzia nel quotidiano, nelle piccole cose. 

Artista affamato, che divora simboli del subconscio e del superliminale sia personali che collettivi per svelare o creare misteri, che scava nella cultura in tutte le sue declinazioni: popolare, folcloristica, artigianale, sapienziale, matematica, tecnologica, tecnica, di basso livello, tutte.

Artista come Prometeo, che porta agli uomini la luce del Creatore, che viola i patti, disconosce l'ordine superiore incontestabile, rigido e autoritario, per crearne un di comunitario, dove tutti possano entrare e riconoscersi, dove tutti possano collaborare alla creazione del senso.

Artista ribelle, che prende la Sapienza divina e la manifesta fisicamente, usando una saggezza intraducibile in parole (migliore definizione del fare arte io non la trovo). 

Arista messaggero, intermediario, comunicatore. 

 

Artista che poi nel quotidiano, fatto com’è, ponte tra divino e umano come il Daimon, imperfetto come il Demiurgo, fatica a non poter plasmare anche gli eventi della sua vita a piacimento - non è che una questione estetica, e pertanto, profondamente etica.

Ecco, l'Artista è tutte queste cose. 

Tanto gode quanto soffre, perennemente stimolato dall'amore per il suo bisogno e le limitazioni materiali, animato dall’impulso di creare a tutti i costi, che lo lacera, lo pungola, gli ruba il sonno e la fame. Non può mentirsi se non per dire una verità Altra, e non trova soddisfazione mai perchè il lavoro creativo non ha una fine o un fine.

Perciò io il motivo per cui il mio insegnante insistesse tanto su quella frase non l'ho mai capito: un artista non può che essere un artista.

Perchè altrimenti, semplicemente, non sarebbe.




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